BRUXELLES — Giorgia Meloni per la prima volta, da quando è presidente del Consiglio, ha sperimentato l’isolamento al Consiglio europeo durante il vertice informale di lunedì sera, che aveva al centro le nomine dei vertici delle istituzioni Ue. Come spiegava ieri una fonte europea qualificata, ha provato cosa vuol dire non fare parte di una delle grandi famiglie politiche: la popolare, la socialista, la liberale. Se vuole contare, proseguiva la fonte, deve decidere con chi vuole stare perché, se sceglie Orbán e Le Pen, pesare sarà difficile anche in futuro.
«Non è stata trattata con il rispetto dovuto», spiegava ieri un’altra fonte europea di alto livello: «I tre gruppi politici hanno voluto dimostrare che Meloni è isolata al Consiglio europeo — ha proseguito —. Dal punto di vista dei Trattati si può fare l’accordo senza Meloni», perché la presidente della Commissione viene designata a maggioranza qualificata, «ma bisogna poi pensare all’effetto nel medio lungo termine». E nel breve al Consiglio europeo della prossima settimana.
I sei negoziatori che hanno gestito la partita delle nomine sono per il Ppe il premier polacco Tusk e il greco Mitsotakis, per i socialisti il cancelliere tedesco Scholz e il premier spagnolo Sánchez, per i liberali il presidente francese Macron e il premier olandese Rutte (in uscita). Sul tavolo ci sono la scelta del presidente della Commissione, del Consiglio europeo, del Parlamento (anche se in realtà è autonomo) e dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri: Ursula von der Leyen, António Costa, Roberta Metsola e Kaja Kallas.
Meloni non è stata l’unica insoddisfatta dal metodo usato, non è piaciuto anche ad altri leader come il ceco Petr Fiala (conservatore) e ai non allineati come l’ungherese Viktor Orbán, che dal primo luglio assume la presidenza di turno dell’Ue, il presidente slovacco Pellegrini, che ha sostituto il premier Fico ancora convalescente dopo l’attentato. «Dodici, tredici Paesi — ha proseguito la fonte — si sono mostrati scioccati dall’atteggiamento nei confronti di Meloni che viene da un G7 di grande successo e nei confronti dell’Italia, uno dei membri fondatori dell’Ue. Alcuni di questi leader, ma non tutti, sono in coalizione con l’Ecr o potrebbero esserlo in futuro. Nella sala l’atmosfera era deteriorata. Alcuni erano frustrati anche per il trattamento ricevuto: si sono sentiti umiliati per l’attesa a cui sono stati sottoposti dai negoziatori».
La cena dei leader è iniziata in ritardo perché è stata preceduta da una riunione dei negoziatori del Ppe e del Pse, ai quali poi si sono aggiunti i liberali. La riflessione, spiega la fonte, è che «Meloni ha consolidato la sua maggioranza e l’Italia ha un governo stabile. Tutte cose che Francia e Germania non possono vantare». E dunque, quando Meloni ha espresso riserve per il metodo e ha bollato le proposte come «un buon inizio per la discussione» ha incassato «forte consenso».
Cosa accadrà al prossimo Consiglio europeo è ancora presto per dirlo, la fonte Ue di alto livello indicava uno scenario in movimento: «Potrebbero essere aggiunti al negoziato altri elementi, come le vicepresidenze della Commissione ed è probabile che ne sia riconosciuta una a Meloni, potrebbero cambiare alcuni nomi visto che sono state sollevate riserve su Costa e Kallas anche se non nella sala a 27, potrebbe venire cercato un maggiore equilibrio tra le istituzioni». Il Ppe ha chiesto di guidare il Consiglio europeo per due anni e mezzo, andando contro la consuetudine. Domanda respinta dai socialisti. L’obiettivo sarà
comunque «proteggere l’atmosfera di coesione anche se si votasse a maggioranza».